Fahrenheit 365 è un cantiere di scrittura, nel senso che si sa quando si comincia, ma non si sa quando finisce. L’anno accademico inizia a ottobre e termina a luglio, ma si può iniziare in qualunque momento. Il Cantiere non chiude mai: nei mesi estivi si lavora a...

la short story

Cos'è la short story

La short story è una storia breve… ovviamente! Ma quando una storia è breve? C’è un numero di parole preciso, un limite entro il quale la storia si può definire breve? No, tant'è vero che nei paesi anglosassoni anche i racconti rientrano nella categoria delle short stories. In realtà non si può distinguere nemmeno un racconto da un romanzo semplicemente in base al numero di parole, è necessario analizzare il testo e verificare la presenza o meno di caratteristiche peculiari dei due generi letterari, come l’argomento forte, l’arco temporale della storia, le sottotrame, e via dicendo. E alla fine scopriamo che nemmeno queste caratteristiche sono sufficienti a distinguere un racconto da un romanzo. Basta pensare ai più famosi racconti ottocenteschi e confrontarli con i romanzi attuali per rendersi conto che se una definizione esiste, lo è unicamente per essere messa in discussione. Solo per citarne uno, Anton Cechov scriveva racconti più lunghi di molti romanzi contemporanei, intere biografie.  Quindi le definizioni sono accettabili solo se contestualizzate in un preciso periodo storico all'interno del quale poter confrontare le opere.
E allora? E allora ecco la mia definizione di short story, una storia completa realizzata con il minimo delle parole.
Veni, vidi, vici, è la frase con la quale, secondo la tradizione, Gaio Giulio Cesare annunciò la fulminea vittoria riportata il 2 agosto del 47 a.C. contro l’esercito di Farnace II a Zela.    
Veni, vidi, vici, è una short story! Riassume in tre parole tutto quello che accadde quel giorno. Due eserciti si fronteggiano in battaglia e uno vince. E la velocità con la quale tutta l’azione si compie è proprio al centro della storia, dove di regola si trova il corpo del testo, vidi. C’è un incipit, una trama che si snoda e un finale. Ogni altra parola sarebbe superflua. In quel vidi è sottintesa la pianificazione e la realizzazione del piano di battaglia, non solo, il narratore utilizza la parola più adatta a mostrare l’efficacia della tattica utilizzata e la rapidità d’esecuzione. In quel vidi c’è un esercito schierato perfettamente, secondo una strategia consolidata, composto da uomini addestrati e motivati, un esercito pronto alla battaglia, quindi riposato, rifocillato, adeguatamente armato. Potremmo continuare questa analisi per ore, che rispecchi la realtà storica non importa, il messaggio è chiaro, lapidario. In tre parole c’è la preparazione, l’attuazione e la naturale conclusione dell’evento descritto. Se il corpo della storia fosse stato riassunto nell'azione di combattere anziché vedere, il senso che se ne ricavava sarebbe stato completamente diverso. Ci avrebbe mostrato una battaglia cruenta, uno scontro lungo e sanguinoso, dall'esito incerto, ci avrebbe mostrato la fatica della vittoria. E invece è bastato vedere per vincere. La parola migliore per esprimere la facilità con la quale la vittoria è arrivata, e anche l’unica che racchiude in sé la giustificazione della vittoria. L’esito non è imputabile al caso ma alla giusta interpretazione dello scenario bellico. Insomma, un capolavoro di short story!
Ma tutto questo chiacchierare deve avere un fine didattico pratico, ovvero terminare con un testo, e poiché il testo realizzato sarà utilizzato per costruire prima un racconto, poi un romanzo, ecco le regole da seguire per costruire la short story…
Occorre prima fare una premessa (ridondante), ogni storia, a prescindere dalla lunghezza, si compone di quattro parti, narrazione, descrizione, introspezione e azione. Queste parti si alternano senza avere una sequenza stabilita (si è notato che odio i due punti e i punti e virgola?, lo spiego in un altro post!).
Prima regola, la short story si deve comporre di quattro frasi, una per ogni parte della storia.
Seconda regola, le quattro parti seguono il seguente ordine, narrazione, descrizione, introspezione, azione (per lo scrittore anche il dialogo è azione, e anche questo lo spiego in un altro post!).
Terza regola, eliminare tutto ciò che serve a contestualizzare la storia. Che vuol dire? Faccio un esempio… (anche se ci vogliono, i due punti non li metto e basta)
Camminavo svogliatamente per via Roma (parte narrativa). Ai fini della storia è utile sapere che avevo un andamento svogliato e che mi trovavo in via Roma? Se la risposta è negativa, allora posso omettere entrambi le informazioni, se invece la risposta è positiva, in tutto o in parte, utilizzerò quelle informazioni nelle parti successive. In ogni caso la parte narrativa si può tranquillamente esaurire con camminavo.
Quarta regola, il titolo (perché uno scrittore che si rispetti mette il titolo a tutto) è la chiave di lettura della storia. Il senso originario della short story realizzata da Gaio Giulio Cesare ce lo dà il sapere che si riferisce a una battaglia. A volte nel titolo può celarsi una delle quattro parti, riducendo la storia a tre frasi, ma non in quelle scritte a scopo didattico, altrimenti si contravverrebbe alla prima regola.

Ecco un esempio banale di come si costruisce una short story


Prima stesura

Un pomeriggio d’estate a Cagliari (titolo)
Camminavo svogliatamente per via Roma, dalla parte della darsena. (narrazione)
La calura dell’estate era esaltata dalla mancanza di riparo. (descrizione)
Mi sorpresi a chiedere a me stesso, a voce alta, il motivo dell'incedere solitario. (introspezione)
Ero l’unica persona in giro per Cagliari a quell'ora, così mi spogliai e mi feci un bagno cercando refrigerio fra le barche ormeggiate. (azione)


Riduzione a short story

Non sono un suicida (titolo)
Camminavo. (narrazione)
Il mare m’invitava. (descrizione)
Perché no? (introspezione)
Così mi tuffai. (azione)


Ancora più  short

Perché no?  (titolo e introspezione)
Camminavo. (narrazione)
Il mare m’invitava. (descrizione)
Così mi tuffai. (azione)

Ma a cosa serve sapere scrivere una short story...? 

Ho letto da poco un bel libro. È una storia d’amore, però una di quelle in cui non succede niente, non c’è nemmeno una scena di sesso. Lui s’innamora di lei, ma si crede inadeguato, così non trova mai il coraggio di confessarglielo. Accadrà alla fine, quando, ovviamente, sarà troppo tardi. Ecco la storia in due parole (per la precisione 24). Non specifico il titolo del libro che ho letto, però, a leggere quelle 24 parole, mi tornano in mente altre due storie, Cyrano de Bergerac e Le notti bianche. In effetti, la storia riassunta in questi termini si adatta a più di un testo.
Prima di continuare il ragionamento, pesco dalla memoria il Gilgamesh, ufficialmente la prima epopea scritta, risalente al XII secolo avanti Cristo. Da allora di storie ne sono state scritte tante, così tante che, come dico sempre agli aspiranti scrittori, il nostro compito non è quello di inventare una storia originale, tanto qualcuno in tremila anni l’avrà già scritta, ma di scriverla in maniera originale, utilizzando uno stile personale, un particolare ritmo, tessendo una trama a intreccio tale da renderla unica.
Quindi, rileggendo quelle 24 parole, potremmo ampliare la short story caratterizzando i personaggi, descrivendo i luoghi e contestualizzando i tempi nei modi più disparati, così da realizzare storie diverse dall’originale e da questa slegate.
Ogni testo si può ridurre a una short story, e da questa partire per realizzare un testo diverso, frutto del proprio ingegno creativo, affermazione cara ai burocrati dell’arte.
Questo è già un buon pretesto per imparare a scrivere short stories.
Il secondo buon motivo per applicarsi nella stesura di short stories, riguarda il tempo a disposizione e l’occasione. A volte una storia si compone in testa nei momenti meno opportuni, e se la accantoniamo, corriamo il rischio di vederla volare via. Se però riusciamo a condensarla in poche parole, possiamo fermarla su qualunque supporto, un tovagliolo, uno scontrino, su un cellulare qualunque. Poi, al momento opportuno, le dedicheremo il tempo necessario, l’amplieremo, annoteremo qualche scena, un paio di caratteristiche dei personaggi principali, ed ecco che avremo ingabbiato la storia in modo che non voli via.
Il terzo buon motivo per sciortare una storia ci torna utile alla fine della stesura di un testo, a prescindere dalla sua lunghezza. È superfluo ricordare che le storie possono essere costruite attorno a una singola trama o intrecciate con sottotrame, se si possono sciortare con 20 – 30 parole, allora è chiaro lo sviluppo della trama principale, altrimenti significa che le trame secondarie hanno preso il sopravvento e rischiamo che il lettore si perda nel cercare il messaggio che volevamo trasmettere. Messaggio… che messaggio? Ma quello che ci ha indotto a scrivere! Affronterò questo tema in un altro post, per il momento vi basti questa citazione… uno scrittore non scrive per dire qualcosa ma perché ha qualcosa da dire.






3 commenti:

  1. POMERIGGIO A CAGLIARI

    ,,,e mentre il sole
    vestiva la mia nuda pelle,
    mi tuffai nei miei pensieri.


    Bellissimo il tuo corso!!!
    Salutoni by E.S

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  2. Denghiu! Stiamo progettando anche un corso itinerante...

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    1. Super!
      "Turisti per caso" a caccia di "trame"...
      Buon lavoro e sopratutto buon cammino!

      Un abbraccio by E,S

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