Fahrenheit 365 è un cantiere di scrittura, nel senso che si sa quando si comincia, ma non si sa quando finisce. L’anno accademico inizia a ottobre e termina a luglio, ma si può iniziare in qualunque momento. Il Cantiere non chiude mai: nei mesi estivi si lavora a...

Scrittura creativa: prima lezione...

Questa è una parte degli appunti della prima lezione. Serve a introdurre gli aspiranti scrittori nel mondo della narrazione...

Quello che segue dovrà diventare il nostro primo assunto. Siamo qui perché abbiamo qualcosa da raccontare. Non da dire, compito al quale bene assolvono i politici, i divulgatori scientifici e gli opinionisti. Compito dello scrittore è quello di comunicare attraverso la stesura di una storia, e questa è un’esigenza. Lo scrittore usa i testi perché ha esigenza di comunicare e poi condividere: anche se l’aspirante scrittore non lo sa ancora. È naturale voler comunicare e dalle pitture rupestri in poi, l’uomo ha lasciato tracce di quest’esigenza in ogni luogo che ha abitato e in ogni tempo. Comunicare, condividere, tramandare, attraverso disegni, sculture, storie orali, costruzioni, inni, canti e preghiere. Per ultima è giunta la scrittura. Ognuno sceglie il modo che gli è più consono, la strada più congeniale.
Dopo il parlare, lo scrivere è il primo mezzo che impariamo a usare per fermare i nostri pensieri. Ci sarebbe il disegno ma è essenzialmente un mezzo di comunicazione che usiamo a livello inconscio: la gioia degli psicologi.
Scrivere è il mezzo col quale entriamo consciamente in contatto col nostro Io. Non con l’Ego, che già si manifesta nei rapporti con gli altri e da loro trae sostentamento, ma con il nostro vero Io, quello che nessuno conosce e che anche noi facciamo fatica a riconoscere. Per mezzo della scrittura arriviamo a comprendere che non siamo come gli altri ci vedono ma che in noi c’è qualcos'altro che non afferrano. Nemmeno i nostri genitori possono comprendere, per quanto amorevoli, e è difficile condividere le nostre paure e i desideri, se questi sono diversi dalle loro aspettative. E è difficile confidare il nostro disagio, il nostro senso di inadeguatezza, la nostra non accettazione di noi o di un nostro difetto, fosse anche il colore dei capelli, il taglio delle orecchie, qualche chilo in più o qualche centimetro in meno. Allora cominciamo a condividere le angosce e i desideri con un foglio, di nascosto. E ecco che, come per incanto, ci troviamo di fronte a quello che si può definire il primo livello della narrazione, il diario.
A prescindere da quello che abbiamo deciso di raccontare, a supportare la nostra fatica e a giustificare le ore dedicate all’opera c’è, ci deve essere, una motivazione forte che è insita necessariamente nella natura del messaggio contenuto nella storia. Mi ripeto, potremmo non averlo pianificato, magari lo capiremo solo alla fine o magari ancora dopo, ma c’è un motivo, quasi un’urgenza di raccontare quella storia. E la motivazione è il terzo assunto della scrittura, una motivazione che va oltre la suggestione di poterne trarre un guadagno economico, o di vedere il nostro nome in copertina, ben più forte, intima.
Secondo Quentin Crisp esistono tre motivi per diventare scrittori, il primo è che vi servono soldi, il secondo è che avete qualcosa da dire che il mondo deve sapere, il terzo è che non sapete cosa fare nelle lunghe serate invernali.
 Le risposte possono essere le più disparate però è essenziale che per noi, non solo giustifichino lo sforzo compiuto, ma che lo rendano necessario, quasi vitale. Senza una concreta motivazione scriveremmo pagine vuote, treni di parole che non portano da nessuna parte anche se, e qui mi ripeto per la terza volta, potremmo non esserne ancora coscienti. A volte, revisionando le mie storie, mi domando perché quel personaggio ha agito così in quell'occasione, oppure come mai è accaduto quel fatto che ha indirizzato la storia in una certa direzione. A queste domande proverò a rispondere più in là. Il concetto è che c’è sempre un motivo, forse circoscritto all'ora in cui ho scritto quella pagina o suggeritomi da una parte di me che ancora non ho affrontato, però c’è e quando me ne renderò conto, sarò venuto a capo di un altro conflitto.
Per ultimo ma non ultimo il seguente assunto, la convinzione che quello che racconto valga la pena di essere letto da uno sconosciuto. Secondo Carlos Fuentes, il romanzo è come un fantasma del mondo che lo scrittore è il solo a vedere, e se a noi anche capita, ecco l’esigenza di condividerlo.
Che sia per il tema affrontato o per le risposte che ho cercato o lo stile che ho usato o l’originalità dell’esposizione o della composizione, non ha importanza. Devo chiedermi se a me, per primo, sarebbe piaciuto leggere questa storia, se mi avrebbe dato soddisfazione.
Altrimenti perché perdere tempo a scriverla?
In definitiva, per lo scrittore, scrivere deve essere una necessità, e come insegna l’adagio, bisogna fare di necessità virtù, cioè rendere lo scrivere un’arte. Sfortunatamente all'arte si associa sempre il talento, dai più inteso come un dono divino.
Quindi, il talento si ha o non si ha. Ma è proprio così?

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